domenica 3 aprile 2011

Budino Cuor di Brioche, una sfida artusiana alla pentola a pressione!

Ho conosciuto l’opera dell’Artusi grazie alla splendida Simo mia, oramai ex, collega d’ufficio e spalla sulla quale sfogare le disgrazie lavorative..

E proprio in una di quelle mattinate post ferie in cui non avevamo la forza di sopportare quelle scrivanie, la vidi sbirciare le pagine di un sito a prima vista interessante, sulle feste artusiane.

E fu così che, alla mia domanda di delucidazioni, partì una delle nostre lunghissime e interminabili argomentazioni culinarie dove, tra una ricetta e una risata, la Simo mi raccontò di Pellegrino Artusi, della Marietta, e della bellezza e particolarità degli aneddoti raccontati nella sua opera.

In poco tempo sono diventata un’adepta del maestro romagnolo, fiorentino d’adozione, che mi ha tenuto compagnia con piacevolissimi aneddoti..amore a prima vista insomma!E come non approfittare dunque del meraviglioso contest di Genny, che unisce in un colpo solo il la mia passione per l’Artusi e il mio sconfinato amore per la pentola a pressione?

Adoro questo strumento, che mi ha sempre permesso di cucinare velocemente ed in maniera saporitissima le mie adorate zuppe, e i risotti..pensare che è persino riuscita a trovarsi uno spazio tra maglie e pantaloni nella mia valigia per l’Erasmus, facendomi diventare la mascotte di tutto lo studentato!

Ecco dunque la mia ricetta, Budino Cuor di Brioche.


A farmi da ispirazione è stata la ricetta 660, il Budino alla tedesca, fatto con “midolla di pane sopraffino”.

Ma dato che alla Germania ho sempre preferito la Francia, un’aggiustatina qui ed una là, ed ecco come ho trasformato la ricetta in una delizia semplicissima da preparare:

- 2 brioches abbastanza grandi

- 300 gr di latte

- 4 uova

- Marmellata di limoni

- 80 gr di zucchero

Sbattere insieme uova, zucchero e poi unire il latte.

Spezzettare la brioche e metterla in ammollo nel composto e farla riposare per ¼ d’ora per dare il tempo di assorbire un po’ di liquido.

Disporre su una piccola pirofila circolare in pyrex, del diametro di 18 cm, i pezzetti di brioche, e cospargere la superficie con un po’ di marmellata.

Rovesciarvi in seguito il composto che la brioche non ha assorbito.

Mettere sul fondo della pentola a pressione un bicchiere d’acqua, adagiarvi la pirofila, chiudere la pentola e mandare a fuoco vivace, riducendo la fiamma al minimo al sibilo e facendo cuocere per 20 minuti.

A cottura terminata estrarre lo stampo e far raffreddare completamente prima di servire.

Bon apétit!

(questa però è più Julia Child che l’Artusi!!)

ps: colgo inoltre l'occasione per comunicare ai miei (ahimè pochi! sigh!) lettori, che da qualche tempo c'è stato un trasloco! Questo piccolo blog-mercenario resterà sempre la mia valvola di sfogo, ma da oggi in poi mi troverete, più costantemente, qui!

Un abbraccio


sabato 12 febbraio 2011

Il ritorno del blog mercenario ovvero_rompere il silenzio di mesi, in cambio di una Cocotte! =)

Ebbene , Cara Sigrid, mi volevi sfidare? Rompere l'inedia che sta trascinando questo blog alla rovina?

Volevi una ricetta coccolosa, calda, confortevole ed infine lunga, ma lunga, così lunga che più lunga non si può?

Te la sei cercata dunque..non avresti dovuto farlo…poi non dire che non ti avevo messa in guardia insomma! Lo so che non è uno stufato, né un piatto unico inteso nel senso canonico del termine, ma prova ad assaggiare una porzione di questa delizia, fatta scendere a filo su una coppa di ricotta fresca, magari di pecora, e poi abbi il coraggio di dirmi che avrai ancora voglia di mangiare qualcos’altro! =)

Allora, questa ricetta parla della mia Sardegna, quella nascosta ed ancestrale che a volte sembra così lontana e remota nella sua struggente, bellissima immobilità.

Parla di Nonna, del paiolo di rame, dell’autunno rosso e ventoso alle porte e di tanta atavica pazienza.

Si tratta di una vischiosa dolcezza che i più chiamano Sapa, o Saba, ma che nel mio paesello, Oliena, è conosciuta come “Su Vinihòttu” , con la h non muta, né aspirata come in inglese, bensì pronunciata con il cosiddetto “colpo di glottide”, fonema, se così si può definire, caratteristico del dialetto olianese.

Su Vinihòttu, insomma il mosto cotto, si fa in autunno, immediatamente dopo la vendemmia essendo il mosto, per l’appunto, il suo ingrediente principale.

Oltre al mosto dunque ci sarà bisogno di alcune profumose bucce d’arancia, ripulite con uno spelucchino dalla pellicola spugnosa che vi si trova all’interno.

E infine, ingrediente magari di non immediato reperimento, un po’ di cenere.

Non scherzo.

Servirà della cenere “pulita” ottenuta cioè dalla combustione di legno buono e non trattato.

Niente trucioli, per intenderci, né tantomeno gli scarti di lavorazione della falegnameria sotto casa (chi non ha una falegnameria sorro casa, di questi tempi..?!) né menchemeno si potrà dar fuoco agli sportelli di quella vecchia scarpiera abbandonata in un angolo del garage.

Insomma, serve cenere di legno sano, ottenuta tipo, chessò, bruciando nel camino quel piccolo tronco raccolto nel bosco durante le escursioni montanare delle estati passate.

Tanto di cenere ne serve poca, 1 tazzina da caffè colma ogni 2 litri, e quindi circa 1 tazza da caffèlatte per 5 litri di mosto, che è la quantità minima che ci si dovrà procurare per veder ricompensato il proprio indefesso lavoro.

Nonna ne rubava sempre almeno 30 litri a Nonno riuscendo a fare un intero paiolo di Vinihòttu, una quantità che riusciva ad appagare per le esigenze di dolce di tutto il vicinato del Carmelo, Su Càrmene, dove abitavamo noi.

Insomma, nella splendida cocotta se ne possono preparare meno litri, la quantità giusta per soddisfare un palato goloso nelle lunghe sere d’inverno.

Ecco il procedimento:

In una grande ciotola si dovranno versare il mosto e la cenere “setacciata” (ripulita cioè da vari pezzetti di carboncino che potrebbero esservi rimasti dentro) mescolando un poco, per poi lasciarla depositare sul fondo.

Occorrerà poi travasare il mosto nel paiolo/cocotta stando bene attenti a non rovesciare anche la cenere, ma lasciando andare quel pochino che viene giù quando si arriva in fondo (non so se mi sono spiegata, vabbè..).

Occorre poi mettere la cocotta sul fuoco a fiamma allegra, aggiungervi le scorze d’arancia e portare ad ebollizione, abbassando poi leggermente la fiamma, ed aspettare.

Aspettare

Aspettare

Aspettare

Ci vorranno, a seconda delle quantità di mosto, da un minimo di 3 ad un massimo di 7 ore; il liquido dovrà essersi ridotto di due terzi, passando ad essere vischioso ma morbido.

Per testarne il “livello di prontezza”, diciamo, occorrerà prenderne un cucchiaino e versarlo su un piatto freddo; se una volta intiepiditosi avrà la consistenza zucchero-elastica-appiccicoso-filante del caramello mou (tipo quello che si vede qui al minuto 1.58) sarà pronto!

Occorre spegnere allora il fuoco, ripescare le bucce d’arancia divenute deliziosi canditi, e versare il Vinihòttu ancora caldo in dei barattoli di vetro dove, una volta raffreddato, si conserverà all’infinito....

....non so se questa ricetta è adatta per farmi trovare la cocotte sotto un cavolo...oops, sotto lìalbero.... ma certamente mi ha aiutata a tornare indietro agli anni della mia infanzia, a quella gioia spensierata, quel periodo in cui tutto è vita e bellissimi giochi..e dunque..grazie Sigrid! =)

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